I trompe l’oeil elettronici di Ugo Pagliaro

 A prima vista quelle di Ugo Pagliaro sembrano immagini elettroniche, elaborazioni al computer. Raffigurano ambienti irreali, architetture azzardate, mondi fantastici. Le prospettive sono tratte da angolazioni impossibili tanto da assumere un chiaro carattere virtuale, con spazi rappresentati con fughe cangianti, come se si trattasse del fotogramma di una sequenza “a volo d’uccello” dentro strutture sghimbesce e in qualche modo surreali.

Ma a guardarli bene ci si accorge che si tratta non già di immagini sintetiche e di stampe digitali ma di dipinti veri e propri, fatti su tela, realizzati con colori acrilici stesi con l’ausilio di mascherine adesive. Ne deriva una pittura che incanta e inganna nello stesso tempo. Si tratta di un trompe l’oeil dell’era elettronica, un inganno visivo che simula una realtà virtuale. Tecnicamente è pittura, ma la tipologia d’immagine è digitale. Pagliaro elabora le immagini da dipingere al computer così come nella seconda metà dell’Ottocento i primi pittori dell’era fotografica (fra cui Pellizza da Volpedo e Michetti) si avvalevano della fotografia per fissare le scene dei loro quadri.

In fondo è un “realista” seppure di un realismo virtuale. Oppure potrebbe essere un citazionista delle visioni astratte-spiritualiste di Kandinskji o di quelle costruttiviste di El Lissiskj, ma anche della poetica di De Stijl e soprattutto dell’arte concreta di Luigi Veronesi. Infatti Pagliaro attinge da un repertorio d’arte che costruisce geometrie pure ritenendo le forme sganciate da ogni intento di rappresentazione della natura. Ma cercando l’artificiale questo giovane pittore-architetto ritrova un percorso che lo porta a scoprire come le forme primarie generino quelle complesse e come i colori scompongano la luce in un caleidoscopio infinito.

Le forme della pittura trovano punti di contiguità con quelle del progetto d’architettura, inseguendo un intento fantastico che ha del giocoso e dell’ardito. Fantarchitetture che combinano linee rette e curve, triangoli, quadrati, rettangoli, losanghe, cerchi e quant’altro la geometria esplora; suggestioni che nascono da prospettive e planimetrie improbabili, inseguite come in una sfida del pittore sull’architetto.

Pagliaro si cimenta in una pittura progettata che assume lo spirito razionalista spingendolo all’estremo limite, così da liberarne, per contrappasso, tutta la portata irrazionale, fino a scoprire che l’assurdo è uno sbocco della ragione, e che nell’arte si risolve la dialettica fra regolarità e paradosso.
Tonino Sicoli

Artisti come Pagliaro vivono l’immagine (in questo caso quella astratta-geometrica) nella sua essenza. Infatti, il nostro rifiuta l’apparenza, crede nel rigore, opera in funzione della costruzione fine a se stessa. Rifiuta l’Utopia che potrebbe distrarre l’osservatore verso altri lidi, verso un altro messaggio che egli non ha voluto esprimere. Se Pagliaro ha un modello etico, questo viene dalla lezione di Gropius, dal Bauhaus, dove l’impossibile diviene possibile.
Egli concilia, per esempio, armoniosamente, equilibri di forme geometriche che divengono cromaticamente dinamiche in un’apparente staticità.
Paolo Levi

Paesaggio virtuale

 La capacità dei mie segni di porsi, nella loro qualità spaziale, come autentici “dispositivi” di modulazione dello spazio, diventa modo di espressione oggettiva con la quale si creano infinite relazioni formali. Contemporaneamente, la costruzione metrico-tonale del colore-luce che emerge in sincronia con l’ordine delle forme composte definiscono un sistema plastico che traduce la struttura in spazialità fisica e visiva. Ne consegue una conquista dello spazio indagata attraverso un processo di frammentazione dello stesso, di fluttuazione dei rapporti fra le parti che ne determina la densità, la profondità, la trasparenza, l’opacità, in altri termini la dimensione.

Si definisce così una ricerca che tenta di coniugare astrazione e realtà virtuale nella comune costruzione dello spazio percettivo, nel tentativo di comunicare un nuovo rapporto tra l’uomo e l’ambiente fisico che ci circonda. D’altra parte penso che da sempre siano proprio le continue e inedite esperienze spaziali a stimolare le facoltà percettive ampliando la conoscenza della realtà. Ritengo che il campo delle astrazioni (sintesi di pensiero e forma) abbia ancora molto da dire e che sia interessante con i mezzi tecnologici oggi a disposizione indagare sulle possibilità espressive dei sistemi virtuali di strutturare uno spazio, pittorico o architettonico, che determini un’equivalenza tra spazio razionale e spazio percettivo.

Nei miei dipinti tento di creare un’immagine sintetica, un “inganno visivo” con la tecnica dei colori acrilici su tela; un’estensione dei criteri ottici e psicologici dello spazio virtuale che mediante calibrati rapporti ponderali traccia un sistema di segni, colori e significati dal valore euristico. M’interessa raggiungere un equilibrio visivo anche al di fuori dei canoni di costruzione di uno spazio possibile della realtà. Quello che ricerco non è la logica materiale della luce sugli oggetti, ma l’infinita possibilità di variazione che risulta efficace per nuove armonie visive. Cerco di costruire una visione virtuale completamente inventata che stimola la percezione definendo uno spazio in movimento d’eterea leggerezza in cui domina il vuoto, la mancanza di limite, la dislocazione, la dispersione. Una spazialità metamorfica che rifiuta il senso del finito e dell’assoluto, che sfugge la percezione dello statico, del pesante e monumentale, e si costruisce su una nuova sensibilità del dinamico, del leggero e persino del transitorio e dell’indeterminato. Occorre, dunque, abbandonare la visione prospettica convenzionale per una nuova estetica del sublime, per affermare una lettura intellettuale meno empirica dell’oggetto poetico. A tal fine cerco spesso di attuare una distorsione percettiva che fa divergere lo spettatore dalla visione tradizionale verso l’analisi dei rapporti sintattici della composizione. Dopotutto il valore della spazialità contemporanea è da ricercare nella leggerezza e nella trasparenza come poetica visiva e tutte le sintesi probabili di frammentazione dello spazio sono campi d’indagini, i più interessanti.
Ugo Pagliaro

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